giovedì 30 agosto 2007

Diventare genitori di un bambino sano e felice senza spendere un patrimonio?


BEBÈ A COSTO ZERO
di Giorgia Cozza

Diventare genitori di un bambino sano e felice senza spendere un patrimonio? Non è una missione impossibile. Carrozzine, vestitini, omogeneizzati... quanto costa avere un bambino oggi? Le statistiche parlano di un investimento di migliaia di euro solo nel primo anno di vita. Certo, tutti i genitori desiderano il meglio per il proprio cucciolo, e pur di darglielo non badano a spese. Ma che cos’è davvero il meglio per lui? E quanto costa? Questa guida al consumo critico e consapevole si addentra nell’affollato mondo dei prodotti per l’infanzia distinguendo tra reali esigenze e bisogni indotti dalla pubblicità, per scoprire cosa può essere davvero indispensabile o utile, o inutile o persino dannoso, durante la gravidanza e la prima infanzia. Grazie alla consulenza di numerosi esperti (pediatri, pedagogisti, ostetriche, psicologi, fisioterapisti...), spiega come affrontare momenti delicati, dall’allattamento allo svezzamento, dall’igiene al sonno, dall’acquisizione dell’autonomia fino alle prime letture, e offre numerosi suggerimenti pratici per evitare spese inutili e sfuggire alla trappola del «carobebè», con un occhio di riguardo per l’ambiente. Ma, al di là delle indicazioni concrete, propone soprattutto un modello pedagogico e di vita che risponde ai reali bisogni del neonato (e di tutti gli esseri umani), e insegna a circondare il nostro piccolo non di «cose», ma di ciò che può favorirne davvero lo sviluppo psicofisico, facendone una persona serena e armoniosa.

L’AUTORE Giorgia Cozza, giornalista comasca, collabora a varie riviste specializzate tra cui «Donna&Mamma», «Io e il mio bambino» e «Dolce Attesa», occupandosi di gravidanza, allattamento al seno, psicologia e salute della mamma e de l bamb ino. Mamma d i  tre bamb ini, ha pubblicato E adesso...cresco (2007), Quando l’attesa si interrompe (2010), Goccia di vita (2010), Allattamento al seno  (2011, con Paola Paschetto), Me lo leggi?  (2012) e Allattare e  lavorare si può (2012), oltre alla serie di libri illustrati «le Storie di Alice».

Relazioni anagraficamente squilibrate

LA POSTA DEL CUORE
di Marco Cavani
Con prefazione di Natalia Aspesi

Come tanti uomini maturi che si avventurano incautamente in relazioni anagraficamente squilibrate, Marco Cavani è stato appena piantato da una ventenne che gli ha fatto conoscere per la prima volta gli scotti dell’amore, che mai e poi mai immaginava così tremendi. Disperato si aggira per la città. Non può rivolgersi al Pronto Soccorso come quando ebbe la colica renale, perché questa volta gli darebbero un codice bianco (e lui non lo potrebbe sopportare,visto che sta morendo di dolore). Prova a pregare Afrodite affinché lo trasformi in un fiume, come ha sempre fatto con quelli messi come lui, ma niente da fare. Ha bisogno di sfogarsi, ma nemmeno il suo migliore amico riesce a sottomettersi a una maratona dell’ascolto così sfinente. A quel punto Cavani non ha scelta: per sopravvivere può solamente fare appello a un’istituzione o a uno sconosciuto. Scartati preti e psicologi, con i quali ha poca dimestichezza, opta per scrivere una lettera alla rubrica che lui e la ventenne leggevano a letto abbracciati nei fine settimana: quella tenuta da Natalia Aspesi sul “Venerdì di Repubblica”, la Rolls-Royce delle poste del cuore. Ma qualcosa va storto. Quello che doveva essere un semplice sfogo, o tutt’al più un disperato tentativo di strappare alla fidanzata un’improbabile telefonata di riconciliazione, si trasforma in una sconcertante epifania. Cavani rimane talmente folgorato dalla risposta della Aspesi che comincia a spostare su di lei il centro della sua ossessione, e le scrive una seconda lettera, poi una terza e così via. E, a complicare la situazione, anche la giornalista finisce per essere stregata dallo stile letterario delle microstorie d’amore che le manda Cavani: non può fare a meno di pubblicarle, ignorando che sono tutte scritte dalla stessa mano, la quale, per reggere il baraccone situazionista che ha messo in piedi, è costretta a cambiar sempre nome e a prendere in prestito altre vite, una dopo l’altra, prima da parenti e amici (che poi si brucia come tali quando si accorgono che le loro confidenze sono state messe in piazza) e poi dalla letteratura stessa. Che poi è il mondo nel quale anche quest’opera si va a collocare.

L’AUTORE Marco Cavani si laurea in architettura nel 1977. Nel 1978 viaggia tra Stati Uniti e Messico. Negli anni Ottanta disegna stampe per i più famosi stilisti italiani. Negli anni Novanta si stabilisce a Austin (Texas), poi torna in Italia per ristrutturare una casa di riposo in stile tirolese.

martedì 28 agosto 2007

Sopprimere i partiti politici? Simone Weil diceva, si tutti.


MANIFESTO PER LA SOPPRESSIONE DEI PARTITI POLITICI
di Simone Weil

Sopprimere i partiti politici. Tutti, nessuno escluso. Perché in quanto organizzazioni verticistiche e inquadrate, essi sono autoritari e repressivi per definizione. E alcuni, quelli italiani ad esempio, mostrano un totale disinteresse per la Res pubblica, ma un talento inenarrabile nel sottrarre denaro pubblico alla comunità. Quindi vanno soppressi, per il bene comune. Simone Weil, una riformista rivoluzionaria, una delle menti più brillanti della sua generazione, poco prima di scomparire prematuramente per malattia nel 1943 ha lasciato questa “modesta proposta”. Un manifesto pieno di passione e di fuoco dove si afferma che aderire all’ideologia di un partito, in certe condizioni storiche, significa limitarsi a prendere una posizione, pro o contro qualcosa. Significa rinunciare a pensare. È questa la democrazia? E oggi, i partiti politici rappresentano davvero la volontà dei cittadini o sono dei semplici organismi che hanno come unico fine quello di riprodursi? Accogliere la proposta della Weil significa uscire dal letargo per tornare a pensare con le nostre teste.

L'AUTRICE Simone Adolphine Weil (Parigi, 3 febbraio 1909 – Ashford, 24 agosto 1943) Dopo essersi laureata in Filosofia all’École Normale Supérieure, insegna fra il 1931 e il 1938 nei licei di varie città di provincia. Nell’inverno del m1934 abbandona l’insegnamento per lavorare come manovale nelle fabbriche metallurgiche di Parigi (per poter “parlare della causa operaia con cognizione di causa”). Militante dell’estrema Sinistra rivoluzionaria, comunista antistalinista, partecipa alle Brigate Internazionali nella guerra civile spagnola. Affetta da tubercolosi, muore nel sanatorio di Ashford il 24 agosto del 1943, all’età di soli 34 anni. Le sue opere vengono pubblicate postume e iniziano ad essere tradotte in italiano nei primi anni Cinquanta.

domenica 26 agosto 2007

20 anni di Guerra democratica




LA GUERRA DEMOCRATICA
di Massimo Fini

Dopo il collasso del contraltare sovietico le democrazie, Stati Uniti in testa, hanno inanellato, in vent’anni, otto guerre di aggressione. La “guerra democratica” non si dichiara, ma si fa, con cattiva coscienza, chiamandola con altri nomi. Col grimaldello dei “diritti umani” si è scardinato il diritto internazionale sul presupposto che l’Occidente, in quanto cultura superiore (moderna declinazione del razzismo), portatore di valori universali, i suoi, ha il dovere morale di intervenire ovunque ritenga siano violati. Il nemico, allora, non è più, schmittianamente, uno “justus hostis”, ma solo e sempre un criminale. Essenzialmente tecnologica, sistemica, digitale, condotta con macchine e robot, la “guerra democratica” evita accuratamente il combattimento, che della guerra è l’essenza, perdendo così, oltre a ogni epica, ogni dignità, ogni legittimità, ogni etica e persino ogni estetica.
Massimo Fini, 2012

Primo capitolo. I prodromi 9
Perché non abbiamo il diritto di fermare la guerra Iran-Iraq 11 - L’arroganza a stelle e strisce 13 - Chi ha paura della Germania unita? 15 - Le incognite della globalizzazione 17 - Esercito europeo. Per farla finita con la Nato 20 - Volete sapere l’ultima di George Bush? 21 – Ma quali gendarmi, sono pistoleri 23 - Algeria. Lezioni di democrazia 24

Secondo capitolo. Le guerre degli anni Novanta 27
Golfo 29
La guerra nell’era della tv 29 - Un gregge chiamato esercito iracheno 31 - Fermate quei poliziotti! 33

Somalia (e dintorni) 36
Sulla pelle dei somali 36 - Non fatevi la guerra. Ve la facciamo noi 38 - La Casa Bianca ci porta verso la guerra mondiale 40 - Siamo noi i colpevoli in Ruanda 42 - Quando l’Africa si aiutava da sola 44

Bosnia 48
Quella sana inciviltà 48 - In difesa della guerra slava 50 – Lasciamoli combattere in pace 52 - Ma chi sono i cattivi? 55 - L’Europa imbelle ai piedi degli Usa 56 - Karadˇzi´c, un criminale comodo 59 – Quel tribunale internazionale somiglia tanto a Norimberga 60

Serbia/Kosovo 63
Democrazie imperialiste 63 - Lasciamo che il Kosovo si difenda da sé 65 - Indecisi a tutto 67 - Curdi e kosovari, due pesi e due misure 68 - Ora la Nato farà pulizia. Etnica 70 - La guerra dei vigliacchi 73 - Kosovo: ci arriva il conto 74 - Né Cecenia né Kosovo 75 – Quei censori in malafede 77 - Dalla Bosnia con terrore 78 - Il malaffare regna nel Kosovo 80 - Elezioni farsa in Kosovo 81 - «I principi etici universali» 82

Miloˇsevi´c 84
Lo scandaloso processo Miloˇsevi´c 84 - Il processo dimenticato a Slobodan Miloˇsevi´c 86 - La morte di un uomo scomodo, Miloˇsevi´c. Occasione per un riepilogo 87

Terzo capitolo. L’11 settembre 97
Il rituale dell’11 settembre 99 - Gli Usa, tra forza e morale 100 - L’Occidente così leggero e vulnerabile 102

Quarto capitolo. Dopo le Torri gemelle 109
Iraq 111
Contro Saddam solo il diritto del più forte 111 - Saddam Hussein e le notizie del diavolo 112 - Guerra preventiva, idea inaccettabile 113 - Che Dio ci protegga dall’America 115 - Motivi più convincenti per attaccare Saddam 117 - Lupo Bush e (l’improbabile) agnello Saddam 119 - L’America ha già deciso, per il rais non c’è scampo 120 - Il vero obiettivo di una guerra falsa 123 - Quando le stragi facevano comodo agli americani 124 - Petrolio, solo petrolio 126 - La vecchia Europa ha rialzato la testa 127 - Il diritto internazionale per Bush è un optional 129 - L’America nuoce a se stessa e agli alleati 130 – E alla sesta guerra la gente dice basta 132 - Il diritto della forza 133 - La fretta codarda 135 - Nel vespaio musulmano 136 - Il vizio oscuro dell’Occidente 138 - La falsa democrazia, quella totalitaria 140 – Il business della ricostruzione 142 - Le ispezioni dell’Onu ora non vanno più 143 - Quando la cura uccide il malato 144 - La democrazia in Iraq non ha senso 146 - Tante buone ragioni per lasciare l’Iraq 148 - Ma non chiamatelo terrorismo: è guerriglia 150 - Siamo in ballo, ma quella in Iraq è guerra 151 - Il diritto di protestare 152 -
Assurdo processare il nemico 153 - Armi di distruzione, un tragico balletto 155 - È l’inizio di una guerra civile 156 - Una guerra contro gli occupanti 158 - Saddam, un feroce punto di equilibrio 160 – Il diritto di dire no ai «liberatori» 161 - Gli iracheni adesso vogliono la libertà 163 - Ammettiamo l’errore e andiamocene 166 – Continuerà la guerriglia agli stranieri 167 - Democrazia in Iraq, l’errore americano 168 - Processo a Saddam: farlo ora è follia 170 - Nato e Usa per gli arabi sono uguali 171 - Fare la guerra chiamandola pace 173 - Quattrocchi va ricordato, ma con onori privati 174 - Noi e i cannibali 176 - Baghdad, va in scena la svolta elettorale 178 - Un pieno di retorica 180 - Protagonismo umanitario 182 - Iraq, l’ultimo capitolo del fallimento della politica estera Usa 184 Libia 186 Gheddafi e le carnevalate di Berlusconi 186 - Il conflitto in Libia va risolto solo dai libici 187 - Così la comunità internazionale crea Stati figli e figliastri 188 - L’Occidente protegge se stesso 189 - Se l’Occidente si crede Dio 192 - La fine della sovranità nazionale 193 – I bambini di Gheddafi 195 - Ma il rais fa il suo mestiere 195 – Passa sotto silenzio la «pulizia etnica» dei neri di Libia 197 - Della viltà dei potenti 198

Quinto capitolo. Afghanistan 201
Massacrare i Talebani per gli Usa non è reato 203 - I Talebani in catene spettacolo incivile 205 - Afghanistan violentato 206 – Afghanistan al voto. Una farsa 207 - Sull’Afghanistan l’ombra dell’Occidente 209 - Se la guerra va fuori dai ranghi 211 - Forse l’Afghanistan preferisce i Talebani 213 - Libano e Afghanistan, due missioni con scopi diversi 215 - Gli afghani ci cacceranno come hanno già fatto con i sovietici 216 - Quante bugie in tv sui seguaci del Mullah Omar 218 - Quando i Talebani «mangiavano» i rossi 219 - Ma non chiamiamoli terroristi 221 - Talebani terroristi? No, uomini 222 - Afghanistan, a Roma una «comica» conferenza 224 - Andiamocene e lasciamo che gli afghani se la sbrighino da soli 225 - Afghanistan, la pace possibile non passa per l’occupazione 227 - Una democrazia non può temere le idee degli altri 229 - Le tragedie in Afghanistan e le responsabilità occidentali 231 - Menzogna afghana (Un riepilogo dopo otto anni di occupazione) 233 - Niente «sdegno» per l’attentato. È stata un’azione di guerra 235 - Impossibile ormai portare democrazia in Afghanistan. Si resta per l’unità della Nato 236 – Quel ridicolo tentativo di comprare i Talebani 238 - La guerra afghana vista con gli occhi dei giovani talebani 239 - Guerra in Afghanistan: una strage troppo spesso ignorata 241 - Io sto col Mullah 242 – Baratti iraniani 244 - L’uomo, la macchina e il denaro 245 - Ma gli errori della Nato rischiano di provocare una nuova guerra civile 247 - Liberate Kabul, non Sakineh 248 - Lettere dal fronte 250 - L’inizio della fine 251 - Il nemico immaginario 253 - Afghanistan: una pace di carta 254 - Ora si tratta con il Mullah Omar? 256 - Bin Laden, messinscena che può essere utile alla pace in Afghanistan 258 – Bufale sul Mullah Omar 259 - Ma quale pace 261 - Italiani in Afghanistan già odiati come «invasori». E ora la grana delle torture 263 - Trattativa allo scoperto tra Usa e Mullah Omar 264 - La cultura superiore 266 - La versione del Mullah Omar 267

Sesto capitolo. Il combattente che non combatte... 271
Il confine fra guerriglia e terrorismo 273 - Noi, i migliori 274 - Il combattente che non combatte... 276
Cartine 279
Indice dei nomi 285

L'AUTORE Massimo Fini, scrittore e giornalista, è autore di molti libri di successo, alcuni dei quali ristampati a un quarto di secolo (LA RAGIONE AVEVA TORTO?, 1985). Fra i più recenti ricordiamo IL DENARO “STERCO DEL DEMONIO” (1998), DI(ZION)ARIO EROTICO (2000), NIETZSCHE (2002), IL VIZIO OSCURO DELL’OCCIDENTE (2002), SUDDITI. MANIFESTO CONTRO LA DEMOCRAZIA (2004), RAGAZZO. STORIA DI UNA VECCHIAIA (2008), SENZ’ANIMA (2010), IL MULLAH OMAR (2011). È stato anche autore e attore a teatro con CYRANO, SE VI PARE... e, con Elisabetta Pozzi, coautore della pièce CASSANDRA, che sviluppa i suoi temi antimodernisti.




venerdì 24 agosto 2007

Dal teatrino al romanzo della politica...


IL TRONO VUOTO
di Roberto Andò

Letto e commentato da Andrea Camilleri
"Un gran bel romanzo, soprattutto perchè si riscontra una profonda felicità nell’averlo scritto: felicità che si trasmette al lettore. Un libro godibile e nello stesso tempo - un piccolo miracolo - un romanzo impegnato, o come si usava dire una volta, un romanzo di impegno civile, che è fatto di equivoci, di persone che scompaiono e ricompaiono, di amori fugaci, di incontri, ma i cui protagonisti si occupano di una materia di cui non si parla mai nei romanzi italiani: la politica."

Il segretario del maggiore partito d’opposizione, Salvatore Oliveri, dopo il crollo dei sondaggi e l’ennesima, violenta, contestazione, decide di scomparire e si rifugia in segreto a Parigi, in casa di un’amica che non vede da trent’anni, Danielle, una segretaria di edizione conosciuta all’epoca in cui ancora accarezzava l’idea di fare il regista. Unici, e parziali, depositari della scomoda verità, Andrea Bottini, collaboratore di Oliveri, e Anna, la moglie dell’onorevole, in realtà continuano ad arrovellarsi sul perché della fuga e sulla possibile identità di un eventuale complice. Bottini propone ad Anna di usare il fratello gemello di Oliveri, un filosofo geniale segnato da una depressione bipolare, come sostituto dello scomparso. Il filosofo si trasferirà a casa sua, avviando uno strano mènage e un’involontaria carriera politica. Un affresco sull’Italia di oggi, una favola filosofica sulla politica e i misteri della vita.

L'AUTORE Roberto Andò è nato a Palermo nel 1959. È un noto regista di teatro di prosa, lirica e cinema.

martedì 14 agosto 2007

Un ventennio di berlusconismo. Godiamoci il risultato...

IL CULO E LO STIVALE
di Oliviero Beha

“Questo libro di Oliviero Beha è uno di quelli che lasciano il segno. Con la freddezza di un chirurgo, fa un’analisi caustica e spietata, prendendo di mira i paradigmi della cultura  contemporanea: la politica, la televisione (e la Rai), la pubblicità.”
Franco Battiato

Un titolo provocatorio, ma neppure troppo. Non si tratta solo di una metafora. Il culo è ovunque, nel linguaggio e nella cronaca. Perché, quando e come l’Italia è precipitata nel “cul de sac di un presente e di un futuro tanto nebulosi e atterrenti”? Partendo da una domanda tale da far tremare i polsi a più generazioni, l’autore cerca risposte indietro nel tempo, dal secondo dopoguerra in poi. Il fine è quello di approntare un “manuale di deberlusconizzazione” che riguardi un po’ tutti, compresi i sedicenti avversari del Caimano e quella porzione ampia di italiani che gli ha votato contro “comportandosi come lui”. La falla colossale sembra oggi solo economica, ma il buco è culturale e va oltre il presente, nel “paese dei leccaculo”. Per uscire da quella che Beha definisce una “pace incivile”, c’è bisogno di una nuova responsabilizzazione, per “tornare avanti”, e costruire il “partito che non c’è”.

L'AUTORE Oliviero Beha è noto al grande pubblico che lo segue da anni sulla carta stampata, in televisione e alla radio. Attualmente conduce il settimanale di attualità “Brontolo” su Rai3 ed è editorialista de “il Fatto Quotidiano”. Tra i suoi libri più recenti, per Chiarelettere: Italiopoli, I nuovi mostri, Dopo di lui il Diluvio. È anche autore del romanzo Eros Terminal (Garzanti), di testi teatrali e volumi di poesie.

sabato 4 agosto 2007

Segreti e misteri di Casa Bossi


THE FAMILY
Segreti e misteri di Casa Bossi
di Giorgio Michieletto e Valentina Fumagalli

Che cosa c’è dietro il terremoto che ha travolto la Lega? Un complotto politico o semplici affari di famiglia? Trame ordite nei palazzi del potere o decisioni prese nel tinello di Gemonio?
Dal cappio sventolato in Parlamento all’urlo di Roma ladrona, dai lingotti & diamanti alle lacrime di coccodrillo: cronaca dell’ascesa e caduta del leader leghista. Mentre la Lega Nord di Umberto Bossi è travolta dal più grande scandalo di sempre, qui si racconta la vera storia del Senatur, dalla malattia fino alla nascita di quel famoso cerchio magico che gli si è stretto troppo intorno, fino a soffocarlo. Come in un romanzo, aneddoti e confidenze esclusive tracciano un ritratto privato fra luci e ombre del leader che dava sberle agli avversari, ma che non sapeva dire no ai figli. Il «duro e puro» rimasto vittima di un male tutto italiano. Come in un album di famiglia sfilano la moglie, «la Manuela», vero capo nell’ombra con la passione per l’occulto e la fede nella Madonna di Medjugorje. Renzo Bossi, l’erede prescelto diventato il Trota. Gli altri figli, la loro dolce vita e i flop scolastici. Il figlio ribelle di primo letto Riccardo, i pupilli di mamma Roberto Libertà e Sirio Eridano: le rivalità, gli amori e i sogni nel cassetto. Poi l’utopia della scuola di famiglia dove si insegna il dialetto ai bambini. I fedelissimi di ieri e i traditori di oggi: Roberto Maroni e che cosa pensano davvero di lui a casa Bossi. L’Umberto di ieri diceva: «Porto la famiglia in battaglia con me. La mia donna e i miei figli devono sentire l’odore della polvere e il fragore metallico delle spade». Quello di oggi scoppia in lacrime in pubblico: «Mi scuso per i miei figli». La famiglia (nel bene e nel male) è la chiave per capire lo scandalo che si è abbattuto sul Carroccio, ma anche per scoprire il futuro del partito più vecchio d’Italia.

GLI AUTORI
GIORGIO MICHIELETTO è giornalista del settimanale Diva e donna, dalle cui pagine ha raccontato le vicende della famiglia Bossi. Vive da sempre a Varese e ha scritto della Lega Nord prima come cronista del quotidiano La Prealpina, poi come corrispondente di Il Giorno. Si è laureato in Scienze umanistiche per la comunicazione con una tesi in linguistica in cui ha documentato l’insegnamento del dialetto ai bambini alla scuola Bosina.

VALENTINA FUMAGALLI è giornalista del quotidiano locale La Provincia di Varese. Da anni segue la Lega Nord sul territorio. Lavora a Varese, città-giardino e culla del Carroccio di cui lo zio Aldo è stato sindaco. Anche senza volerlo, ha assistito a diversi avvenimenti raccontati in questo libro e conosciuto tutti i protagonisti.

venerdì 3 agosto 2007

Saggi e testimonianze intorno al pensiero di Fabrizio De André

AI BORDI DELL’INFINITO
A cura di Elena Valdini
Fondazione Fabrizio De André Onlus
Questo libro parla di noi. Di chi fra noi ha allungato la mano ai versi come ai salvagenti o li ha letti ancora perché costretto dall’oggi a riconoscerne l’attualità, oppure li ha giocati per far nascere ponti. Di noi perché provoca il nostro sentire. Volammo davvero, dicevamo cinque anni fa. Dove? Ai bordi dell’infinito, rispondiamo cinque anni dopo. Lì dove chissà se inclusi ed esclusi fanno casa insieme. È ancora un dialogo ininterrotto, mosso dal condividere per conoscere, e dall’esprimere anche ciò che è inesprimibile, come il dolore. Ha inevitabilmente trovato il centro nell’ansia per una giustizia sociale perché l’urgenza di De André urge ancora.Questo libro è fatto così. Di frammenti e analisi, suggestioni e testimonianze, e progetti concreti. Era impossibile dare conto di tutto ciò che si è detto e fatto dal 2006 al 2010 intorno al pensiero e all’opera di Fabrizio De André, allora queste pagine sono uno sguardo su quanto si è mosso intorno alla giustizia sociale. Sono parole spesso nate da trascrizioni di incontri nel segno di quel «conserverò, terrò in serbo, terrò fede o anche servirò, sarò utile» che Luigi Pintor ci ha spiegato poter voler dire servabo. Questo libro fa un po’ quello che fanno i diari, e ora come allora non distingue le firme illustri da quelle di sconosciuti illustri. Un coro che interpreta quell’andare oltre di De André, spalanca all’Altro, e i nonluoghi diventano luoghi.

La Fondazione Fabrizio De André Onlus è nata a Genova il 18 febbraio 2001. Sostiene un’eredità importante operando con gli strumenti a lei più vicini nell’ambito editoriale, artistico e cura di eventi
culturali, finalizzando tutte le sue energie al no profit. Nel 2009 ha pubblicato con Chiarelettere il libro Tourbook.