Il fascismo di Grillo.
“L’altra casta”
Il libro inchiesta sul sindacato, di Stefano Livadiotti, ci apre un mondo fatto di privilegi, carriere, misfatti e fatturati da multinazionale. Il sindacato sarà il prossimo bersaglio del comico imbonitore, Beppe Grillo.
L’obiettivo delle reprimende moraliste che il “tecnoagitatore” ha brandito il 25 Aprile in piazza San Carlo era, come si diceva nell’epoca pre-rizzostella, la categoria dei giornalisti o il ruolo dell’informazione in genere.
Grillo per abbattere le caste ne crea una nuova, la casta dei “tecnosovversivi”, fatta di persone che hanno dimestichezza con la rete e la tecnologia. In questo modo dà origine ad un conflitto tra chi è dentro e chi è fuori dai meccanismi della rete, creando di fatto una discriminazione, una forma di assolutismo, una personale interpretazione di “fascismo”.
Questa forzatura produce uno scontro generazionale che rischia di intaccare il patto di solidarietà sociale, e francamente non se ne sente il bisogno.
Grillo come politico si mostra rumoroso, poco utile, solo eccessivo e molto spesso fuori luogo. Come comico non è male, non è certo paragonabile ai mostri sacri del passato, uno per tutti il sempre rimpianto Massimo Troisi, che gli era superiore anche come politico, mostrando come deve essere un vero democratico, visto che offriva sempre una terza possibilità. Al dispotico: “O con me o contro di me” grilliano, lui opponeva un più semplice e genuino: “Meglio un giorno da leone o 100 da agnello. Forse basterebbero 50 giorni da orsacchiotto”.
Poco autoritario, sicuramente molto divertente.