Gilardino, il furbetto del campettino. 29.10.2008

Firenze, va in scena la piccolezza dell’animo umano.
La rivincita era lì ad un passo, bastava un piccolo colpetto, anche se di mano, e con quel gol avrebbe afferrato un altro pezzo di gloria. E’ tornato Gilagol, il bomber che segna sempre, quello abituato a grandi piazze, ai titoloni sui giornali, la ribalta della nazionale; alla faccia di chi non aveva creduto più in lui, viva il cannoniere ritrovato dopo un periodo di appannamento. Invece, con quel colpo di mano si è giocato tutto, ha perso più di quello che si può guadagnare agli occhi del pubblico segnando mille gol, la faccia. Non tanto per l’errore, un gesto sbagliato può sempre capitare, è da persone comuni cogliere la palla al balzo. Ma il campione l’idolo delle curve, va dall’arbitro e ammette la scorrettezza, e con un cenno chiede scusa agli spettatori presenti, che si spellano le mani di applausi qualunque sia la maglia che porti. Il Gila no, lui va davanti alle telecamere e continua la sua recita, convinto che chi lo ascolta sia un deficiente. Così cade definitivamente dall’olimpo degli eroi, dove si diventa idoli per i ragazzini, che mettono le magliette con il tuo nome, e ti nominano continuamente nelle loro telecronache di fantasia. Come se l’amico di famiglia, la persona cara si mettesse a barare giocando a carte in casa vostra, la sera di Natale. Che tristezza.
In tempi come questi così avari di soddisfazioni, abbiamo bisogno di sognare, di credere che qualcuno con la faccia simile alla nostra, sia quello che noi non sappiamo essere, non la parte meschina, quella ce l’abbiamo già.