Di Pietro ad Annozero: “Io e Borsellino”. Che coraggio 10.10.2009
Con le allusioni velate di Santoro, sulla supposta vicinanza mafiosa di alcune persone prossime a Berlusconi, si cerca di armare qualche folle invasato, per colpire il capo del governo. Si chiama “istigazione a delinquere”. Questo genere di atteggiamento non rientra nella normale dialettica dello scontro politico, ma appare come assalto golpistico alle istituzioni, Presidente della Repubblica compreso. Gli atteggiamenti di Santoro, Travaglio e Di Pietro sono sovversivi, e se l’istigazione tramite l’esasperazione ed esacerbazione dei ragionamenti, porta a fatti di insubordinazione grave o addirittura ad eventi delittuosi, deve essere punita. Se non bastasse, il vilipendio alle alte cariche dello stato è vietato dal nostro ordinamento giuridico. Sono diventate insopportabili le purghe moralistiche dipietriste, propinate da uno che è indagato dai magistrati contabili, per la sottrazione di fondi elettorali al patrimonio del suo partito. Un ex magistrato che è stato sospeso anche dall’ordine degli avvocati, con l’accusa più infamante per un legale, “infedele patrocinio”. Era difensore di un suo amico, e dopo aver conosciuto i fatti, Di Pietro si è costituito parte civile nel processo contro di lui. Fuori dal mondo il goffo tentativo durante Annozero, di accostare il proprio nome a quello, per lui innominabile, di Paolo Borsellino. Questo dà la dimensione esatta, di cosa quest’uomo sarebbe capace di fare per conquistare un voto. Imbarazzante. Una sola cosa mi tranquillizza, la certezza che queste persone saranno sempre una minoranza. Fastidiosa, ma minoranza.