Lettera di benigna compassione per la zia Rosi. 14.10.2009

L’onorevole Rosi Bindi ha dato l’ennesima dimostrazione di appartenere, a quel gruppo di signore isterico uterine, all’apparenza dozzinali e inguardabili. Quelle che si trovano spesso nelle memorie di gioventù degli ultra quarantenni. Rappresenta una figura ormai estinta, la zia zitella. Quelle signore che profumano di Violetta e di naftalina, che portano abiti severi, e hanno un atteggiamento sempre contrariato, pronte ad ammollarti sempre il rifiuto preventivo con un bel: “No, non sono a tua disposizione”. La regola vorrebbe, che prima di rifiutare, si deve aspettare che qualcuno ti chieda qualcosa. Da quel che si vede, non devono essere state molte le richieste che Rosi ha ricevuto. È chiaro che la Bindi non ha dimestichezza con i meccanismi della vita reale, abituata com’è a parlare di cose che non conosce. Parla di gioventù e di figli, senza aver mai vissuto una maternità, parla di rapporti di coppia, di rapporti tra i sessi e di sesso, ma non ha avuto mai una sola esperienza, avendo confessato la sua verginità. Poi si produce in ragionamenti che sembrano dei voli a vista su alcol, fumo e altri vizi, dando l’impressione di non essere mai stata vicina al problema. Signora, lei non è credibile, i giovani capiscono immediatamente che lei parla per sentito dire, o nella migliore delle ipotesi perché ha letto o si è informata alla meno peggio. Lo ha dimostrato spesso, l’ultima volta da Vespa con le tasse, portando documenti che provavano il contrario di quel che lei diceva. Inizi con il rifiutare quel che le chiedono, non quello che non le chiederanno mai.