Quante altre croci si devono sopportare

“Portare la croce”, è un luogo comune che si usa spesso, quando si vuole indicare una costrizione o un peso da sopportare a fatica. In questo periodo ricco di pesi e costrizioni, per le difficoltà oggettive a cui tutti siamo forzati, non aiuta il pensiero che le persone elette per trovare soluzioni ai nostri problemi, perdano tempo con bandiere e stemmini. La guerra dei vessilli finirà per favorire chi vuole imporre simboli che non fanno parte della cultura di questo paese. Il ricorso al giudizio del popolo per ogni decisione da prendere, non può essere la panacea per tutti i mali. Se si interrogasse il popolo con un referendum sulla legge fiscale, nessuno si sognerebbe di votare “si voglio pagare le tasse”. La quasi totalità metterebbe la pena di morte, tutti chiuderebbero le frontiere, e si voterebbe anche per portare le pensioni minime a 5 mila euro l’una. L’uomo politico non deve nascondersi dietro l’interrogazione popolare, è stato eletto per fare delle scelte, per dirigere, educare ed indicare la via da seguire. Abbandonarsi al volere del popolo non ha mai portato bene, ad iniziare dalla prima consultazione plebiscitaria: “Chi volete libero Gesù o Barabba”. Quella del popolo non fu la scelta migliore. La sciocchezza di voler mettere la croce sulla bandiera, e farlo con una elezione referendaria, è insultante nei confronti di chi ha scelto un suo rappresentante al parlamento, con la speranza che questo potesse risolvere ben altri problemi. Un delegato del popolo, delega al popolo le scelte per cui da esso è stato nominato. Sembra follia pura.