Di Pietro ha la sindrome del capo dei capi

Siamo veramente stufi del giustizialismo di maniera dei vari Di Pietro, De Magistris e l’ultimo arrivato Ingroia. Un altro magistrato da salotto, che per giustificare il solo fatto di esistere, quasi a chiedere scusa, cita a frasi dispari i nomi di Falcone e Borsellino come suoi maestri. Se questo è il risultato, i compianti eroi civili, saranno stati sicuramente dei valenti giudici antimafia, ma dei pessimi insegnanti. Ho già dichiarato di essere iscritto al partito di maggioranza, quello di coloro che non si recano al seggio. Ma non sopporto comunque l’idea, che un governo eletto regolarmente, debba essere battuto con le aggressioni giustizialiste e non alle elezioni. Per questo ritengo poco utile il No B-day, e molto più interessante il No Di Pietro life. La prova inconfutabile, che l’insinuazione di un coinvolgimento di Silvio Berlusconi come affiliato ad una cosca criminale, e tanto meno in concorso esterno in associazione mafiosa sia falsa, è data dal fatto che, se veramente facesse parte di quella banda, ne vorrebbe essere il capo o leader indiscusso, come lui ama definirsi. Le accuse che vengono da un pluriomicida mafioso, tal Spatuzza, sono a dir poco imbarazzanti. Questo signore è diventato famoso, per aver sciolto nell’acido un bambino, figlio di un avversario malavitoso. Ora, da buon cattolico sono sempre pronto, ad accogliere l’uomo che torna sulla retta via e si pente; ma credo che esista comunque una differenza tra chi non commesso nulla e chi ha commesso un delitto e si è ravveduto. Signor Di Pietro, la mafia purtroppo è una cosa seria.