ELOGIO DELL'IMBECILLE
di Pino Aprile
Perché al mondo ci sono tanti imbecilli? E perché gli stupidi prosperano, riuscendo spesso a raggiungere posizioni di successo? La risposta è semplice: l'intelligenza non serve più. L'uomo se l'è lasciata alle spalle, come i peli che gli ricoprivano il corpo o la camminata a quattro zampe. Il segno più caratteristico dell'essere umano, quello che gli ha permesso di elevarsi dalla specie animale e, in una certa misura, di dominare il mondo, non è più necessario. Chi ha qualche dubbio, dia uno sguardo a ritroso, ai geni del passato, a Leonardo, a Michelangelo, a Einstein, e li paragoni con quello che ci offre il mercato. La conclusione è triste, ma inevitabile: gli intelligenti hanno fatto il mondo, gli stupidi ci vivono alla grande.
IL LIBRO
E Lorenz mi disse...
Perché ci sono tanti imbecilli? Non riuscivo a smettere di pensarci: mi sorprendeva la naturale tolleranza che c’è per la stupidità. Mi scoprivo a
chiedermi: ma gli altri si accorgono o no di come siano prive di senso troppe cose che abitualmente facciamo? E dal momento che non tutti sono
scemi, possibile che non gliene importi nulla?
Poi incontrai Charles Darwin e ne fui folgorato.
La scuola mi offriva una concezione tronfia dell’essere umano e delle sue «magnifiche sorti e progressive». Darwin mi insegnò a dubitarne. Delle
sue opere, più ancora che l’Origine della specie, mi colpì L’origine dell’uomo, il meno conosciuto dei suoi capolavori. Mi diede la sensazione di un
segreto rivelato.
L’essere umano è un animale, molto simile alle grandi scimmie. Ci ha resi quel che siamo un lunghissimo processo evolutivo, regolato dalle stesse
leggi che ancora guidano il cammino di tutte le specie (anche vegetali). Ci distingue dagli altri animali, persino da quelli più vicini a noi, la quantità e la qualità della nostra intelligenza. Nessuno ne ha altrettanta, sul pianeta. Mi affascinava l’idea che lo stesso meccanismo che aveva dato a noi
questa potenza cerebrale, l’avesse negata agli altri.
Insomma: perché solo noi? (E perché, mi domandavo subito dopo, una così bella dote viene usata tanto poco?).
La regola evolutiva è la stessa per tutti: la selezione naturale, la sopravvivenza del più adatto. Così prevalgono le caratteristiche che permettono alla specie (qualunque specie) di affrontare con
vantaggio l’ambiente in cui è inserita. La selezione naturale non ha un percorso stabilito: procede a caso e, da una serie ininterrotta di tentativi riusciti, nasce la caratteristica che garantisce la sopravvivenza della specie. Nel nostro caso si trattò dell’intelligenza. Darwin stesso applicò all’uomo la sua teoria, da altri banalmente riassunta, fin dall’inizio, nel modo («Discendiamo dalle scimmie») che indusse la pia moglie del vescovo anglicano di Worcester ad augurarsi: «Almeno, che non si sappia in giro».
Ma il ragionamento di Darwin era molto più complesso. In fondo, l’idea di derivare dalle scimmie non è così terribile: non lo siamo più, questo conta. Molte famiglie hanno antenati altrettanto impresentabili; e, cronologicamente, ben più vicini. Dal pensiero di Darwin mi sembrava di poter trarre qualcosa di più: una spiegazione plausibile dell’intelligenza umana, in base a ragioni soltanto naturali.
L'AUTORE
Giornalista e scrittore, pugliese, residente ai Castelli Romani, anni di lavoro a Milano. È stato vicedirettore di Oggi e direttore di Gente; per la Tv ha lavorato con Sergio Zavoli all’inchiesta a puntate “Viaggio nel Sud” e al settimanale di approfondimento del Tg1, Tv7. Per Piemme ha scritto Il trionfo dell’Apparenza, sul deludente esordio del terzo millennio, Elogio dell’imbecille,Elogio dell’errore, accolti con successo e tradotti in molti paesi, adottati in alcuni corsi universitari di management. In Spagna, Elogio dell’imbecille è stato a lungo in testa alle classifiche.
Dopo le dimissioni da Gente, si è dedicato alla sua “malattia”, la vela (ha anche diretto il mensile Fare Vela e scritto libri di mare e vela per Magenes, Il mare minore, A mari estremi, e per Electa-Mondadori, Mare, uomini, passioni).
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