Ci vorrebbe una Thatcher
di Antonio Caprarica
Sperling & Kupfer
ebook euro: 6,99
“Addio, Lady di Ferro” il saluto di Antonio Caprarica
Addio, Lady di Ferro Quando la invitarono, nel 2007, all’inaugurazione della statua di bronzo decretatale dal Parlamento nel palazzo di Westminster non trattenne la battuta: “L’avrei preferita di ferro, ma anche bronzo va bene. Non arrugginisce”. Quando le appiopparono il nomignolo di Lady di Ferro, i nemici sovietici non immaginavano di averle fatto un regalo, dando […]
Addio, Lady di Ferro
Quando la invitarono, nel 2007, all’inaugurazione della statua di bronzo decretatale dal Parlamento nel palazzo di Westminster non trattenne la battuta: “L’avrei preferita di ferro, ma anche bronzo va bene. Non arrugginisce”. Quando le appiopparono il nomignolo di Lady di Ferro, i nemici sovietici non immaginavano di averle fatto un regalo, dando un’identità precisa a un carattere inflessibile, che lei fece di tutto per trasformare in mito. Era del resto un’outsider, che vinse a sorpresa, nel 1975, la gara con Edward Heath per la guida dei conservatori. La figlia del droghiere, come era chiamata per le sue modeste origini, vinse tre volte di seguito le elezioni, prima, e finora unica, donna a guidare il governo britannico, dal 1979 al 1990.
Di più, Margaret Thatcher diede nome a un’epoca e a una tendenza politica: il thatcherismo definisce quel misto di privatizzazioni, liberalizzazioni, deregulation e orgoglio patriottico che per l’Inghilterra in ginocchio degli anni Settanta si rivelò medicina amarissima ma salutare, tanto che le sue riforme radicali furono lasciate intatte anche dai successori laburisti. L’opinione pubblica di sinistra non le ha mai condonato la guerra contro i minatori e gli argentini non le hanno mai perdonato l’umiliazione militare patita alle Falklands. I nemici del partito riuscirono a cacciarla da Downing Street, che lasciò tra le lacrime. Vecchia e malata, era ormai la Baronessa Kesteven, un monumento vivente, e sedeva nella Camera dei Lord. Ma nella storia britannica entra la figlia del droghiere, che all’Inghilterra di fine Novecento restituì fiducia nel futuro, e anzitutto in se stessa.
L’AUTORE Antonio Caprarica, nato a Lecce, si è laureato in filosofia presso l’Università La Sapienza di Roma, con una tesi dedicata alla relazione tra etica ed economia di Adam Smith, con Lucio Colletti. Volto noto della televisione, collabora con numerosi quotidiani e periodici. Alla radio consegue ottimi risultati d’ascolto (Fonte: indagine Audiradio) che consolidano il primato di Rai Radio Uno. È sposato con la pianista Iolanta Miroshnikova incontrata a Mosca durante una serata all’ambasciata italiana.
Share the post "Per spiegare i meccanismi della politica britannica utilizziamo un libro di qualche tempo fa, vergato da una penna che di cose inglesi se ne intende. Antonio Caprarica, inviato TG Rai per vari lustri in quel di Londra sembra quello più adatto. Siamo arrivati al giorno delle elezioni anticipate volute da quella volpe di Theresa May, attuale primo ministro inglese convinta di fare un sol boccone di Jeremy Corbyn parlamento e governo. Ma la May non è la Thatcher, è solo la sostituta di David Cameron, altro specialista nello rovesciarsi addosso le elezioni, lui si esibì con il referendum sulla Brexit, ma questa ormai è storia. Ora la signora che abita al 10 di Downing Street deve combattere voto su voto per mantenere le attuali posizioni in parlamento, con la quasi certezza di dover preparare comunque il trasloco anche in caso di vittoria. Ben altra cosa rispetto a Margaret Thatcher che diede nome a un’epoca e a una tendenza politica. Il thatcherismo definisce quel misto di privatizzazioni, liberalizzazioni, deregulation e orgoglio patriottico che per l’Inghilterra in ginocchio degli anni Settanta si rivelò medicina amarissima ma salutare, tanto che le sue riforme radicali furono lasciate intatte anche dai successori laburisti. Questo sarà materiale per i libri di storia e per le maratone di Mentana. Massimo De Muro"